Quarantuno anni dalla morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale ucciso in un attentato a Palermo, il 3 settembre 1982.
La città di Milano partecipa alla commemorazione con un doppio appuntamento: questa mattina, in piazza Diaz, davanti al Monumento al Carabiniere, e nel pomeriggio con l’iniziativa “Qui non è morta la speranza dei palermitani onesti”, con l’assessore al Welfare e Salute, Lamberto Bertolé.
Durante l’intera giornata interverranno le famiglie Dalla Chiesa e Setti Carraro, per portare la propria testimonianza sulla lotta all’illegalità del Generale commemorato insieme alla moglie Elisabetta Setti Carraro e all’agente della scorta Domenico Russo.
Il Comune sarà rappresentato dall’assessore alla Sicurezza, Marco Granelli.
Il capoluogo meneghino si unisce alle celebrazioni programmate in tutta Italia per ricordare la sfida alla mafia dell’uomo che portò avanti la lotta al terrorismo, scegliendo di colpire Cosa Nostra, per poi interrompere i rapporti esistenti tra mafia e politica.
Da Corleone partì l’avventura di giovane ufficiale dei carabinieri Dalla Chiesa, proseguita a Palermo tra gli anni Sessanta e Settanta. Dopo l’uccisione di Pio La Torre, Carlo Alberto aveva assunto l’incarico di superprefetto, per indagare anche sulla “famiglia politica più inquinata dell’isola”, legata ad Andreotti.
Questo gli costò la vita. Nel 1982 Cosa nostra cercò di eliminarlo a tutti i costi, come raccontava Totò Riina: “Quando ho sentito alla televisione che era stato promosso prefetto per distruggere la mafia ho detto: prepariamoci, mettiamo tutti i ferramenti a posto, tutte le cose pronte per dargli il benvenuto: qua gli facciamo il culo a cappello di prete”.
Niente fu più come prima e dopo la sua morte, una frase lapidaria riassunse il fallimento dello Stato sul luogo dell’attentato: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”.