È stata approvata dalla maggioranza del Senato il documento che punta ad una revisione della legge sulla tassa di soggiorno.
La commissione finanze si è messa al lavoro per il riordino dell’imposta che naturalmente riguarda anche la Capitale, luogo più visitato in Italia.
Si dice addio alle tariffe fisse in nome di un calcolo proporzionale alla spesa e al costo delle stanze. E’ quanto prevede la risoluzione che riguarda l’obolo delle strutture ricettive. L’idea è di rendere competitivi hotel, ostelli e B&B, al pari di quanto avviene nelle altre città europee.
La nuova proposta risanerebbe anche la discrepanza fino ad ora vigente, tra albergatori onesti che hanno inserito direttamente l’imposta nel costo finale delle stanze, e quelli disonesti che trattengono la tassa per sé, senza girarla al Comune di Roma.
In futuro toccherà dunque al turista pagare la tassa a parte, e al Comune riscuoterla, sgravando gli esercenti dal compito di girarla all’amministrazione.
Il ricavato della tassa sarà impiegato per finanziare progetti sul turismo, in collaborazione con le associazioni di settore.
Fino all’estate del 2023 erano stati registrati a Roma aumenti sulla tassa di soggiorno: per un ostello bisognava pagare 3,5 euro al giorno mentre per gli affittacamere la tassa si attestava sui 7 euro. Per gli hotel a 5 stelle, era ferma a 10 euro al giorno. Sei euro, infine, per gli ospiti dei bed and breakfast presenti in città.
Eppure a gennaio albergatori e gestori di b&b hanno intentato causa al Comune, temendo che la tassa non venisse sfruttata per il rilancio turistico, ma per risanare i buchi di bilancio.
L’attuale imposta, a detta degli albergatori, graverebbe troppo sui turisti, senza contribuire allo sviluppo del turismo in modo evidente e la risoluzione risulterebbe auspicabile per compensare le mancanze attuali dell’amministrazione comunale.


