Figli di un patriarcato e di una educazione carente; questa la considerazione che gli italiani hanno del branco stupratore della giovane diciannovenne di Palermo.
Mentre si attende il corso della giustizia in merito alla vicenda, il Paese intero grida alla castrazione chimica e ad una rieducazione genitoriale in primis e dei colpevoli poi, che hanno minato la vita e l’integrità emotiva di una giovane donna.
Nonostante le prime dichiarazioni del branco che ha violato la diciannovenne al Foro italico, le indagini delle forze dell’ordine hanno portato alla luce chat segrete, poi cancellate e divulgate tra amici.
Emergono i vocali di R. P., minorenne all’epoca dei fatti, che permettono di ricostruire la condotta e le intenzioni dei sette stupratori: “Abbiamo combinato un macello, lei è svenuta più di una volta…”
Il breve messaggio di testo è inequivocabile ed è stato scambiato la notte in cui è avvenuta la violenza, alle 2.12: “Cumpà l’ammazzammu! ti giuro a me matri, l’ammazzammu, ti giuro a me frati, sviniu… Sviniu chiossai di na vota… (Compare, l’abbiamo ammazzata! Ti giuro su mia madre l’abbiamo ammazzata, ti giuro su mio fratello è svenuta. E’ svenuta più di una volta, ndr)”.
Per la Procura tutto ciò costituisce un aggravamento della misura cautelare.
“Tali nuovi e sopraggiunti elementi investigativi tratteggiano la personalità di un giovane che, lungi dall’aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso avendo ottenuto condizioni di maggiore libertà con l’inserimento in comunità, ha continuato ad utilizzare il telefono cellulare e/o altro dispositivo informatico per vantarsi delle sua gesta e per manifestare adesione a modelli comportamentali criminali”, ha scritto il gip del tribunale dei minorenni di Palermo, Antonina Pardo nel provvedimento.
Ritorna dunque in carcere il giovane che davanti al gip Alessandra Puglisi, aveva confessato il presunto pentimento, per poi essere collocato in una comunità rieducativa.
Come commentare queste parole e la relativa difesa dei genitori nei riguardi dei rispettivi figli?
Le chat choc sono intanto diventate motivo di vanto per i responsabili della violenza: “Sto ricevendo tanti messaggi da ragazze, ma come faccio a uscire con tutte? Siete troppe” e ancora: “Ah e volevo ringraziare a chi di continuo dice il mio nome, mi state facendo pubblicità e hype”.
Addirittura su Tik Tok, scriveva il minore: “Arriviamo a 1000 follower così potrò fare la live e spiegarvi la situazione com’è andata realmente”.
Il Paese e le donne aspettano ora il reale passo della giustizia, perché questo caso è la somma di tutte le brutture a cui stiamo assistendo, a danno di donne e minori, con stupri e violenze in aumento nonostante le campagne informative condotte a scuola e attraverso i media.
Gli artisti si stanno schierando per smuovere le acque con l’hashtag #nonsonocarne; adesso tocca allo Stato mostrare la sua credibilità con pene oggettive ed esemplari, che diventino sprone per le donne a mantenere la testa alta denunciando, senza rischiare di aver paura di un ‘dopo’ che possa sfociare addirittura nella condanna esiziale per se stesse e per il barbaro gesto subito.
La violenza resta sempre tale e non la si può edulcorare, perchè una donna che diventa vittima di uno stupro, sarà ferita nell’animo a vita e faticherà a cancellare il dolore di momenti traumatici, dalla coscienza e dalla mente.


