Sono vittime silenziose, impaurite e soprattutto innocenti. Vedono solo macerie e sangue intorno a loro ed hanno paura di morire.
Vengono segnati coi loro nomi su mani, braccia e gambe, con il timore di non essere riconosciuti dopo la morte ed assistono alla brutalità umana, senza capirne il senso.
Dovrebbero giocare e invece sono lì a piangere o ad osservare la catastrofe ammutoliti. Non hanno bambole tra le mani, ma rivoli di sangue; non sono al caldo e nemmeno hanno da mangiare e quel che più è grave da bere.
Che siano palestinesi o israeliani poco conta, i bambini di Gaza hanno bisogno di pace, di un cessate il fuoco e di aiuti umanitari.
Per sopravvivere bevono acqua di mare. Per ogni famiglia c’è infatti una tanica d’acqua. Troppo poca per restare in piedi ed i genitori, per evitare una morte per denutrizione, danno ai figli l’unica acqua che hanno a disposizione: quella marina.
Lo denuncia l’agenzi ONU per l’infanzia Unicef. Certo tali carenze esistevano anche prima del conflitto, ma con i bombardamenti e l’annientamento della striscia, la situazione è su un alto livello di criticità. Lo ha confermato alla BBC anche il portavoce dell’ente, Toby Fricker. “Uno dei membri del nostro staff ha una bambina di quattro e una di sette anni e cerca di tenere le bambine al sicuro, di tenerle in vita ogni giorno. Ha raccontato che stanno bevendo solo acqua salata e sua figlia dice: Mamma, perchè non posso avere di nuovo l’acqua normale che avevamo nei giorni normali?”.
Scarseggiano i rifornimenti e i bambini intanto vengono uccisi, feriti e mutilati. La cosa fondamentale resta tenerli in vita. Secondo l’Oms su oltre 8.000 vittime, il 40% dei morti sono bambini.
Solo 23 dei 35 ospedali di Gaza sono ancora parzialmente funzionanti, ma sono arrivati al collasso. Quasi la metà degli israeliani non è d’accordo con quanto sta accadendo e vorrebbe la pace. L’Onu lancia intanto il suo ennesimo allarme chiedendo acqua, cibo e medicine, oltre che rifugi, in una situazione disperata.


