Goya e Caravaggio sotto i riflettori dei Musei Capitolini fino a febbraio. Dal 12 gennaio al 25 febbraio, ‘Il Parasole’ di Goya sarà esposto nella Pinacoteca, Sala Santa Petronilla.
Il progetto espositivo si inserisce nella politica culturale di scambi promossa già da tempo dalla Sovrintendenza: grazie ad un accordo con il Museo Nazionale del Prado, il dipinto di Goya ‘Il parasole’ (El quitasol, 1777) sarà esposto ai Musei Capitolini, come controprestito dell’‘Anima beata’ di Guido Reni, concessa all’istituzione spagnola in occasione della mostra ‘Guido Reni’ (Museo Nazionale del Prado, 28 marzo-9 luglio 2023). Sarà possibile ammirare l’opera di Goya all’interno della Sala Santa Petronilla, dove sarà posta a confronto con ‘La Buona Ventura’ (1597) di Caravaggio, offrendo ai visitatori un tema di riflessione sui due grandi artisti. L’intento è quello di accostare due magistrali interpreti della società del proprio tempo che nella loro pittura seppero introdurre rivoluzionarie novità iconografiche e stilistiche.

Il parasole di Francisco José de Goya y Lucientes, risale al 1777. La tela conservata aal Museo Nazionale del Prado, a Madrid, arriva a Roma con i suoi 104 x 152 cm.
Realizzata come cartone preparatorio per uno dei dieci arazzi che avrebbero dovuto decorare la sala da pranzo del Palazzo del Prado, fu consegnato alla Real Fabbrica di Santa Barbara nel 1777. Nel 1856-7 fu trasferita al Palazzo Reale, dove per ordine reale entrò nella collezione permanente, nel 1870.

“La Buona Ventura” dei Musei Capitolini fu acquistata nel 1750 dalla vendita di una parte della collezione raccolta dal cardinale Carlo Pio, che a sua volta il 5 maggio 1628 acquistò il dipinto di Caravaggio, insieme ad altri tre importanti quadri, dall’asta che gli eredi del cardinale Del Monte furono costretti a indire poco più di un anno dopo la morte dell’ecclesiastico.
Una copia del dipinto è invece conservata al Louvre.
Il soggetto è una zingara che, mentre legge la mano al cavaliere, gli ruba l’anello che porta a un dito. La tradizione vuole che Caravaggio avesse scelto per modella una vera zingara che vide passare davanti al suo studio. Si tratta di una scena di vita quotidiana, tipica nelle vie del centro di Roma: una graziosa zingarella, con il pretesto di leggere la mano a un ingenuo giovane di buona famiglia, catturando la sua attenzione col suo sguardo malizioso, gli sfila abilmente un anello dal dito. La giovane gitana è graziosa e spregiudicata: la camicetta ricamata e il turbante avvolto intorno alla testa le danno un’aria fresca e leggermente esotica.