Uscirà domani, 9 gennaio, il pamphlet postumo della scrittrice e attivista sarda Michela Murgia, scomparsa lo scorso 10 agosto, all’età di 51 anni.
Il suo ultimo libro, curato da Alessandro Giammei, è una riflessione sul tema della maternità che parte dalla sua esperienza personale e dalla sua “Queer family”, un termine ombrello con cui identificava i suoi legami più importanti. Nel libro, infatti, Murgia sostiene che la maternità non sia un’esperienza che spetta solo alle donne biologiche ma che è un atto di amore e di cura che può essere compiuto da chiunque, indipendentemente dal sesso o dall’orientamento sessuale. Nel libro spazio anche al tema della gestazione per altri (Gpa) che, in realtà, doveva essere il tema principale del libro finito, poi, per diventare una più grande riflessione sul concetto di famiglia.
Il pamphlet è incentrato sul concetto di famiglia fondata su legami affettivi e non solo di sangue che finiscono per diventare legami d’anima nati tra persone che si scelgono e un altro modello di maternità con i quali sfida, ancora una volta, i concetti di “normalità, “naturalità” e “binarietà”.
“Dare la vita”, pubblicato da Rizzoli, è uno dei titoli più attesi del 2024 e contribuisce a creare un dibattito sempre più urgente sul tema della famiglia e della maternità costituendo una sorta di testamento spirituale dell’autrice che lascia in eredità un messaggio di amore e di inclusione.
Con questo testo la scrittrice annuncia, infine, di voler donare una rassicurazione a chi amava e a chi ha scelto come compagni, compagne, figli e parenti d’anima: «Quella di non dover mai fingere di non essere chi è». Una rassicurazione e una promessa perché, come ha sottolineato Giammei, «nel corso della sua vita, Michela ha mantenuto sempre tutte le sue promesse, sia quelle editoriali sia quelle politiche, con grande dispendio di se stessa».