Sembra che la natura umana sia più forte di qualsiasi algoritmo. Uno studio, condotto dai ricercatori del Centro per la Data Science e la complessità per la società presso il Dipartimento di Informatica della Sapienza Università di Roma, coordinati da Walter Quattrociocchi e pubblicato su Nature, ha infatti rilevato che il comportamento degli utenti sui social media è rimasto sorprendentemente costante negli ultimi 34 anni, nonostante i profondi mutamenti che hanno interessato le piattaforme, le tecnologie e le condizioni sociali.
Lo studio, che ha analizzato oltre 500 milioni di commenti su diverse piattaforme social, ha identificato alcuni schemi ricorrenti nelle interazioni tra gli utenti. Tra questi, emerge una netta preferenza per le discussioni “tossiche”, caratterizzate da toni accesi, insulti e offese. Secondo gli autori dello studio, la responsabilità di questo fenomeno non può essere attribuita unicamente agli algoritmi, che spesso vengono accusati di amplificare le polarizzazioni e di creare “echo chambers” informative. Le ragioni di questa predilezione per le discussioni accese sono complesse e multifattoriali. Tra le possibili spiegazioni, gli psicologi ipotizzano l’esistenza di un bisogno umano di confronto e di scontro, che si amplifica in un contesto virtuale dove le inibizioni sono ridotte.
Inoltre, l’anonimato che caratterizza spesso le interazioni online può favorire comportamenti aggressivi e incivili.
Se la responsabilità non è degli algoritmi, dunque, dove si possono trovare le soluzioni per contrastare la diffusione di discussioni tossiche sui social media?
Secondo gli esperti, la chiave potrebbe essere l’educazione all’uso consapevole delle piattaforme, promuovere una cultura del rispetto e della responsabilità online, fin dalla giovane età, potrebbe contribuire a creare un ambiente digitale più sano e costruttivo. A tale proposito, infatti, può essere utile il “Manifesto della comunicazione non ostile”, creato dall’associazione no profit Parole O_Stili nel 2016 per sensibilizzare sull’importanza di una comunicazione sana, costruttiva e rispettosa.
Un ruolo determinante anche quello svolto dalle piattaforme social che, sicuramente, potrebbero implementare misure più efficaci per moderare i contenuti e per arginare la diffusione di discorsi d’odio e fake news.
In definitiva, la sfida per contrastare le discussioni tossiche online richiede un impegno collettivo da parte di utenti, piattaforme e istituzioni. Solo attraverso un’azione sinergica sarà possibile creare un ecosistema digitale più sicuro, inclusivo per tutti e che, soprattutto, riesca ad arginare alcuni fattori tossici nel rispetto e nella sicurezza di tutti.


