Un libro come guida per giovani e genitori. Impazza in America il lavoro di scrittura di Jonathan Haidt, pronto a fare letteralmente scuola sul ruolo di smartphone e social media nella salute mentale dei giovani.
Si chiama “The Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood Is Causing an Epidemic of Mental Illness”, ed evidenzia la necessità di limitare l’uso dei dispositivi elettronici al di sotto dei 16 anni. Il problema centrale riguarda la salute e il rallentamento cognitivo-comportamentale della crescita dei ragazzi di oggi.
Da psicologo sociale formatosi alla Stern School of Business della New York University, Haidt diffonde sulle piattaforme social post sulla salute mentale dei bambini di oggi, ma risulta inviso alle Big Tech e a molti colleghi che lo attaccano di avanzare informazioni senza fonti scientifiche. Eppure da settimane il suo libro è in cima alla classifica dei best seller del New York Times.
Haidt sostiene che l’infanzia basata sul telefono ha preso il posto dell’infanzia basata sul gioco. La sua narrazione culturale non vuole però bannare l’uso dei social e dei dispositivi ad essi annessi, ma intende aiutare i bambini di qualsiasi età ad usarli responsabilmente.
La controversa divulgazione del libro che vede due giganti opporsi l’uno contro l’altro (Big-Tech e Comunità genitoriale), si fonda sul dilagare dell’ansia tra la generazione Z.
Negli Stati Uniti i livelli ansiosi nella giovane età, sfocianti in depressione, secondo Haidt sono cresciuti di oltre il 50 per cento dal 2010 al 2019. Ciò ha determinato infatti un incremento dei suicidi adolescenziali tra 10 e 19 anni, per il 49% di questa fascia, mentre per il 131% per gli adolescenti dai 10 ai 14 anni. Il dato è da considerarsi pilota per quanto avviene nello stesso periodo in paesi come Canada, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Paesi Scandinavi, Europa, Italia inclusa.
La lettura secondo questi parametri numerici, conferma Haidt, ha portato ad una evoluzione dagli anni Novanta ad oggi alle patologie di ansia, depressione, autolesionismo e disturbi socio-relazionali rispetto alle generazioni del passato.
La teoria tiene debitamente conto dell’impatto dello sviluppo tecnologico sul comportamento umano in relazione al sé e agli altri. Infatti, secondo lo psicologo, i giovanissimi e le persone in genere, più sono depresse e più tendono a passare tempo sui social. La media di cinque ore al giorno sulle piattaforme varie, potrebbe dunque, a parere dello studioso, influenzare la tendenza depressiva.
La paura del giudizio a cui predispongono i like in rete, nella tesi di Haidt, alimenta la sensazione giudicante nei ragazzi. Da qui il monito rivolto ai genitori, di evitare di essere iperprotettivi nei confronti dei figli, consentendogli di stare chiusi in casa con lo smartphone amico, ma senza controllo.
L’esperienza del gioco libero, da solo o in compagnia, al contrario, secondo Haidt, stimolerebbe il senso di fiducia nel bambino-ragazzino, anche nel superamento del rischio dell’esperienza di gioco all’aperto, sviluppando così la capacità di azione, necessaria per la crescita dell’individuo.
Lo scrittore tanto giudicato dai media, con il suo libro vuole scuotere genitori e società, invitandoli ad andare incontro alla vita, senza clamori, ma nella genuinità dell’esperienza da provare, catalogare e conservare nella memoria inconscia, più che su uno smartphone, come ricordo evolutivo.