















Un tratto ferino bagnato dal senso di carità. Questa la caratteristica della prima pittrice della storia balzata agli onori, nonostante il tentato oblio perpetrato ai suoi danni nel Seicento. Artemisia Gentileschi, figlia d’arte nel senso intrinseco della parola (il padre era il pittore Orazio Gentileschi), è una amazzone della pittura. Violentata, processata dopo gli abusi subiti dal suo maestro di prospettiva Agostino Tassi, Artemisia è stata figlia legittima dell’Inquisizione, oggetto di tortura e sibilla di un femminile imbavagliato fino al ventunesimo secolo. Madre, moglie, oltre che pittrice, trasferisce nelle sue tele la pietas della Conversione della Maddalena, come l‘horror della sua Giuditta (figura pittorica per lei emblematica), in Giuditta con la sua ancella e Giuditta e Oloferne.
Morta a Napoli nel 1653, dove trascorre l’ultima parte della sua vita, Artemisia eredita una visione femminile del caravaggesco avvicinandosi ad una pittura “alta” che crea meraviglia. Ragion per cui la mostra allestita a Napoli, in sinergia con il National Gallery di Londra, è stata un vero successo. Protratta fino al 19 marzo nella sede napoletana delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, Artemisia Gentileschi a Napoli, racconta il periodo napoletano dell’artista.
L’esposizione che ha visto il contributo del Real Bosco di Capodimonte, dell’Archivio di Stato di Napoli e dell’Università di Napoli L’Orientale, è valsa da approfondimento monografico della pittrice, tra il 1630 e il 1654. Considerata una mostra-evento che per la prima volta dedica ampio spazio ad Artemisia, ha lasciato conoscere a cittadini e turisti napoletani, una selezione di opere provenienti da raccolte pubbliche e private, italiane e internazionali.
La valorizzazione del suo lavoro artistico e di pittori a lei legati, ha registrato record di visite, tanto da indurre il prolungamento della mostra e dei suoi orari dal 17 al 19 marzo appena trascorsi. L’abbandono di moduli iconografici convenzionali, la drammatizzazione teatrale delle sue tele, l’esplorazione lirica dei soggetti scenici, rendono Artemisia un’artista singolare, accattivante e controversa, oltre che completa. La Gentileschi è la sua Giuditta: ferita, ribelle, femminista. Nella sua rivoluzione pittorica l’osservatore si sente guidato verso un concetto di libertà ed equità; sente il grido della storia e delle donne, vivendo il tema del “conflitto sociale ed interiore”, come spazio aperto a cui dare ancora credito e voce. La forza di una tale peinture de femme conquista Napoli, città che in fondo, come Artemisia è grazia e ribellione insieme.
Credits Foto: Arturo Favella


