Ha segnato la storia della televisione italiana ed insieme una pagina di cronaca giudiziaria diventata epocale. Enzo Tortora è passato repentinamente dai fasti della notorietà del piccolo divo dello schermo, a vittima di sciacallaggio mediatico quando subì l’arresto il 17 giugno del 1983.
Finì sulle pagine di tutti i giornali, fotografato in manette tra due carabinieri, per poi diventare bersaglio dell’opinione pubblica. Dalla sua morte, avvenuta per un cancro ai polmoni, il 18 maggio 1988, sono trascorsi 35 anni.
Il noto giornalista e presentatore è poi diventato simbolo di errore giudiziario, quando il 15 settembre 1986 fu assolto dall’accusa di associazione camorristica con l’organizzazione di Raffaele Cutolo, a seguito di dichiarazioni di pentiti, reputate poi inattendibili. La Corte d’appello di Napoli lo liberò dal vilipendio e la sua innocenza fu confermata definitivamente, con formula piena, dalla Cassazione il 13 giugno 1987. Aveva scontato sette mesi di carcere e poi gli arresti domiciliari, rispetto ad una iniziale condanna di 10 anni.
L’inchiesta nei riguardi di Enzo Tortora cominciò nei premi mesi del 1983. I due pentiti Pasquale Barra e Giovanni Pandico, si distaccarono dalla Nuova camorra organizzata, scegliendo di essere collaboratori di giustizia. Indicarono Tortora come corriere di stupefacenti per conto della cosca. Tortora fu arrestato all’alba in un albergo del centro di Roma, ma si dichiarò immediatamente innocente. Il paradosso è che questo avveniva mentre altri
pentiti facevano il suo nome. Ed effettivamente era innocente, tanto che la figlia Silvia ha trascorso una vita per riabilitare l’immagine del padre.
Enzo Tortora fu eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984, per poi tornare in libertà il 20 luglio 1984. Quello che subì ha di fatto portato ad una apertura verso la critica del Diritto, perchè la decisione presa a suo carico resta attualissima, citata, studiata, in quanto pronunciata nel conflitto sulla veridicità dei pentiti.
Le teche Rai riportano ancora la lucidità delle parole con cui il presentatore si difese il 15 settembre 1986: “Devo concludere dicendo: ho fiducia. Io sono innocente, lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io spero, dal profondo del cuore che lo siate anche voi”.
Ed oggi, a distanza di 35 anni, occorre dare vera giustizia e memoria, a chi ha visto poi distrutta la sua reputazione, da un errore giudiziario.