Hanno scelto di portare sul palco di Sanremo e nelle conferenze stampa, un messaggio di pace. Lo hanno fatto da soli, rispetto ad altri 28 artisti in gara nella vetrina più importante d’Italia. Hanno affidato alla musica il senso più nobile e giusto che avrebbe potuto avere, a livello divulgativo.
Dargen D’Amico e Ghali hanno invocato lo ‘stop alla guerra’ e parlato di genocidio, che di fatto sta avvenendo. Non hanno coinvolto fazioni politiche nazionali o internazionali, se si fa bene attenzione, ma hanno parlato di umanità, di importanza da dare alle vite di bambini malnutriti, feriti dalle bombe, non curati, indipendentemente dal fatto che appartengano ad una bandiera o ad un’altra; di dare una possibilità di futuro. Hanno lanciato un messaggio per la tutela dei diritti umani.
La politica e la televisione hanno subito però uno scossone dai loro appelli a fine esibizione, segno che la musica ancora una volta ha fatto centro. La tv pubblica storce il naso e vuole mettere un bavaglio sottile agli artisti?
Quando John Lennon scrisse ‘Immagine’ o De Andrè compose ‘La guerra di Piero’, intendevano diffondere spirito pacifista come atto di protesta contro gli orrori della guerra. E lo stesso hanno fatto Ghali e D’Amico.
Se Sanremo ha lanciato i loro messaggi senza problema, Domenica In li ha accolti con diffidenza. Quando Mara Venier si è fatta semplice portavoce di un comunicato che le era stato chiesto di leggere, dopo il risentimento dell’ambasciatore israeliano, che avava protestato per la “diffusione di odio” sul palco dell’Ariston, Ghali ha risposto con educazione: “Per cosa altro avrei dovuto usare questo palco? Io sono un musicista prima di salire su questo palco: ho sempre parlato di questo fin da quando sono bambino”.
E analogo atteggiamento è stato quello di Dargen D’Amico, che a fine esibizione ha parlato di migranti. “Quello che gli immigrati immettono nelle casse dello Stato per pagarci le pensioni è più di quello che spendiamo per l’accoglienza. Queste sono statistiche che andrebbero raccontate”.
Ma entrambe le voci sono state interrotte. Se in tv i temi risultano troppo “scottanti”, in musica gli artisti hanno il dovere di trattarli. L’arte delle muse, definendola letteralmente, deve ispirare valori filantropici, come concepita alla maniera greca. Deve portare ordine ed armonia, come dicevano Quintiliano, Agostino, Boezio e Cassiodoro, ma anche Platone ed Aristotele.
Se adesso Ghali e Dargen D’Amico usano la musica come strumento pacifico e universale, dove risiede il problema per la politica?
Le note hanno forse battuto su un’incudine rovente che martella la libertà di espressione? Abbiamo già dimenticato la canzone ‘Tango’ di Tanani, portata all’edizione 2023 del Festival! Parlava di resistenza dell’amore alla guerra che divide, e lo ha fatto quando pubblicamente fu letto un messaggio del presidente ucraino Zelensky. Se la politca si schiera e decide volontariamente di farlo, non è giusto che lo facciano gli artisti, gli uomini ed un popolo, che in regime democratico, hanno il diritto e il dovere di esprimere sentimenti di pace, che non puntano il dito contro nessuno, ma abbracciano l’amore universale e l’unica politica che andrebbe perseguita: quella dei diritti umani!


