La dipartita del critico musicale Ernesto Assante ha sconvolto il mondo della musica italiana. Per il giornalista 66enne, firma di ‘Repubblica’, tanti sono stati i messaggi di cantanti ed artisti che lo hanno salutato con le parole “addio amico mio”. In esse si nasconde il senso della grandezza della persona e del professionista. Quando un cronista che di base è chiamato a raccontare la realtà, scandagliandola, analizzandola, anche criticandola, diventa amico del soggetto del suo lavoro, allora vuol dire che ha svolto il proprio operato non solo con efficienza, ma soprattutto con empatia.
Per questo in molti si daranno appuntamento il 29 febbraio dalle 12.00 a Roma, per salutarlo all’Auditorium Parco della Musica presso il Teatro Studio.
Ernesto Assante era questo: musica che si raccontava attraverso le note di altri artisti. Il suo esordio nella rubrica “Dica 33” dell’Orecchiocchio di Ernesto Assante, ha avvicinato i telespettatori alla musica non solo europea, ma anche giapponese.
Ha recensito album, colonne sonore, musica elettronica e new wave. Da buon napoletano aveva il ritmo nel sangue, tanto da iniziare negli anni ’70 il suo approccio alla radio, per poi dedicarsi a quotidiani e tv in pieni anni ’80.
Creativo, libero e soprattutto entusiasta, esulava dal giornalismo arroccato a successo e poltrona, per dare libero sfogo alle idee da condividere con gli artisti. Allestiva spettacoli sulla musica eseguita sulle navi, oppure organizzava tour londinesi alla scoperta della musica dei Beatels. Ha investito e creduto nei giovani talenti, senza bocciarli dall’alto della sua penna.
Si era tuffato nel giornalismo online e nella dimensione dei blog, senza disdegnare, a differenza di altri colleghi, l’informazione che si stava evolvendo. Ha dato alla musica e alle sue voci, possibilità di esprimersi arrivando a tutti. Aperto al nuovo, ammetteva con fierezza di aver imparato l’inglese grazie alle canzoni, profilando un futuro che gli avrebbe sicuramente insegnato qualcosa di nuovo, nella musica, così come nella comunicazione.
- “Le IA non sono oggettivamente negative. Facebook non è ‘cattivo’ di per se, così come non lo sono i social in generale, l’uso che se ne fa può essere, invece, terribilmente negativo. Ma anche le pistole hanno lo stesso impatto nella nostra vita: se usate dalla polizia sono uno strumento del bene, se usate da un camorrista sono l’esatto contrario. Dico banalità, è ovvio, ma sono quelle che possono permetterci di capire meglio la situazione attuale e ragionare per il futuro”, scriveva sul suo blog.
Metteva nero su bianco di getto, così da fare uscire i suoi articoli letti ed apprezzati dai cultori della musica; faceva mille cose, detestando i progetti lasciati a metà. Tutto si poteva e doveva fare, compresa una enciclopedia della musica con 2000 voci. Non è un caso che abbia pubblicato circa trenta libri sulla musica e sulle nuove tecnologie, editi in Italia, Inghilterra, Francia, Germania, Stati Uniti, Polonia, Olanda.
Ai giovani, in qualità di docente, ha insegnato la storia della canzone italiana passando dalla composizione su fogli volanti, fino alla nascita di spartiti che le hanno dato lustro prima a Napoli, poi a Roma, agli inizi del Novecento. Ha tracciato l’evoluzione della musica dagli anni ‘Venti fino alla rivoluzione di Sanremo, soffermandosi sul cantautorato degli anni ’70 che si stava allontanando dal beat e dal pop, sfociando addirittura nel rock.
Ha familiarizzato con tutte le superstar della canzone, raccontando il mondo delle major che pian piano hanno conquistato una importante fetta del mercato musicale, facendo il bello e cattivo tempo della musica, tanto da sollecitare la nascita di nuove correnti come rap, hip hop, indie, fino ad arrivare alla rivoluzione dello streaming che ha dato alla musica nuovi canali, tutti scandagliati dalla sua persona in qualità di fine estimatore.
“Grazie per le belle chiacchierate intime ed interessanti”, gli hanno scritto gli artisti. Assante era questo: un compagno con cui giocare con la musica, in nome di un percorso culturale di crescita che non aveva semplicemente maestri in cattedra e discepoli da erudire, ma complici con i quali ascoltare la musica che ci girava intorno, traendone linfa e stimolo vitale.