Re Giorgio Armani al centro di uno scandalo per sfruttamento. Ben quattro fabbriche sono state controllate dai carabinieri del Nil (Nucleo ispettorato del lavoro dei Carabinieri), che hanno registrato diverse irregolarità. Occupazione in nero, lavoratori privi di documenti, paghe da due euro l’ora. Così i prodotti di lusso firmati Armani vengono realizzati senza autorizzazione necessaria in condizioni di sfruttamento negli opifici cinesi.
Aree con macchinari privi di misure di sicurezza per aumentare la produttività in una zona in cui esiste un luogo per consumare i pasti ed un soppalco dove riposarsi prima di riprendere i turni di lavoro, sono lo scenario in cui i prodotti di lusso Armani vengono realizzati.
Questa è la fotografia della casa di moda gestita dalla Giorgio Armani Operations Spa che affida a società terze con contratti di fornitura, la produzione di borse e accessori.
In pratica le aziende fornitrici nominalmente dovrebbero produrre quanto commissionato dall’Armani Operations, ma essendo incapaci delegano a loro volta il lavoro ad opifici cinesi situati nelle province di Milano e Bergamo. Qui i prodotti di lusso vengono realizzati abbattendo i costi sia nella retribuzione della manodopera, che negli orari di lavoro, pause e ferie comprese difficilmente contemplate.
Il noto stilista italiano viene additato per caporalato in quanto l’azienda non avrebbe, secondo l’indagine dell’inchiesta dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone, fatto nulla per prevenire o arginare lo sfruttamento lavorativo durante la fase di produzione dei propri capi. Da qui il commissariamento.