I suoi primi 40 anni, dagli esordi con Bossi al presente di Salvini l’impatto della Lega in Italia

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Dal verde al tricolore, dal federalismo indipendente al nazionalismo italiano. Il percorso della Lega è lungo quarant’anni e il 12 aprile saluta l’anniversario a cifra tonda. Il cosiddetto ‘Carroccio’ fondato da Umberto Bossi nel 1984 in prima Repubblica, ignaro del ruolo futuro di ago della bilancia della politica attuale, già guardava l’Europa con lo slogan “lontani da Roma ladrona e vicini all’Europa”.

Da piccolo partito fondato dall’unione di un commerciante, un’insegnante elementare, un piccolo editore ed un odontotecnico, la Lega può vantare il primato di longevità nella politica italiana.

Sono tante le fasi affrontate dal partito prima registrato come Lega lombarda autonomista e circoscrivibile in un’associazione, poi amplificato il Lega veneta e Lega Piemonte, fino a diventare la cosiddetta Lega Nord.

L’inno era Padania libera dai “terroni”, considerati i mantenuti del Sud, in nome di un federalismo che poi diverrà voglia di secessione.

“Padroni a casa nostra” era la recriminazione di Gianfranco Miglio. Il dialetto doveva prendere il sopravvento sulla lingua madre!

Bossi fondò così un partito che attraverso la politica dell’autonomia rafforzò la politica del Nord Italia basata su un funzionamento a regola d’arte di ogni minima cosa. In breve tempo dagli anni ‘80 agli anni ‘90, la separazione amministrativa e organizzativa rispetto al mezzogiorno era diventata netta con Bossi che intanto faceva pesare il suo potere elettorale a poco a poco, tanto da allearsi con Silvio Berlusconi quando scelse neofita, di scendere in politica.
L’Italia guardava con sospetto a questo partito che fondava tutto non solo sulla separazione gestionale delle varie regioni italiane, ma si proponeva anche lo scopo nobilissimo di contrastare la mafia.

Con la sua loquela forte, a volte rude, Umberto Bossi, che scrisse di suo pugno lo statuto della Lega, nel tempo riuscì ad influenzare tutta la politica italiana attraverso le cosiddette alleanze. Dopo quella stretta con Berlusconi che in verità durò poco, passó al “patto delle sardine” con D’Alema e Buttiglione. L’idea di un parlamento padano lo allettava non poco e di riunione in riunione, Bossi coinvolgeva i militanti con cadenza annuale sulle rive del Po. La politica della controversia bossiana in realtà ha portato il fondatore della Lega più volte al governo con i suoi parlamentari, coprendo lui stesso incarichi ministeriali notevolissimi come quelli per le riforme istituzionali e per la devoluzione. Manifestazioni cariche di orgoglio diventano il manifesto del partito nato quarant’anni fa, che ha più volte saputo reinventarsi, soprattutto grazie all’introduzione nelle sue fila di un giovane Matteo Salvini che ne ha determinato il risollevamento nel tempo, principalmente quando Bossi si è ammalato in seguito ad un ictus. Se Bossi è stato infatti l’uomo del passato che ha cercato di traghettare durante l’evoluzione politica italiana il suo partito, Matteo Salvini è stato un allievo che ha letteralmente superato il maestro, un po’ ricalcando il rapporto esistente tra Giotto e Cimabue. Apparentemente pasticcione con i suoi scivoloni denominati della stampa “salvinate”, Matteo inizialmente ha iniziato a caldeggiare di verde vestito la battaglia di Bossi, fino ad arrivare a sfidarlo alle primarie nel 2013 con volti eclatanti e una vittoria schiacciante. Ci vorranno ben cinque anni per portare la Lega in una nuova veste a ridefinirsi un ruolo nell’asse politico di centro-destra.

Anche qui sarà fondamentale il legame che la Lega instaurerà con Forza Italia Silvio Berlusconi. Si dava in tal senso continuità alle scelte adoperate agli inizi della carriera della Lega! Il partito da sovranista diventa nazionalista e l’Italia non deve avere più confini. Salvini diventa il “Capitano” e Bossi lo guarda con occhi sospetti, mal tollerando l’evoluzione del suo allievo e del partito considerato sua creatura. Nonostante ciò Salvini prima in opposizione e poi in maggioranza, ha saputo fare la differenza, adoperandosi in modo che il partito da lui rappresentato entrasse nel novero storico dell’Italia governativa, creando familiarità con gli italiani non più esclusivamente abitanti del Nord, ma dell’intero stivale.

Sul contraddittorio dunque, la Lega ha fondato il suo successo, sia elettorale che mediatico. Più di ogni altro partito italiano ha saputo reinventarsi nel leggere le trasformazioni del paese nel corso del tempo. Se Umberto Bossi si arroccava nella sua Padania parlando in modo unidirezionale ai suoi, Salvini ha saputo sfruttare il potere dei media per arrivare al segretariato del partito in cui ha mobilitato da ragazzo. La convivenza tacita (non ufficializzata) tra Lega per Salvini e Lega Nord in termini di dominazione, ha creato comunque disorientamento per un po’ all’interno delle fila del partito. Materializzandosi come unico leader alle urne, Salvini è riuscito a conquistare anche il Mezzogiorno tanto vituperato, da cui inizialmente insieme a Bossi, intendeva prendere le distanze. Da antiinferno a limbo, da purgatorio e paradiso, la Lega in quarant’anni ha affrontato tutte queste fasi di ascesa passando per la redenzione elettorale. E se Bossi è stato il Caronte che traghettava le anime penitenti della sua Padania, in cerca di una esclusività politica e di funzionamento, Salvini si è autoimposto come Virgilio che seppur “pagano-padano”, alla fine ha fatto uscire dalla selva oscura della minoranza il suo partito, portandolo ad una nuova fase “benedetta” dal governo, perché riconosciuta in ambito nazionale.

Pina Stendardo
Pina Stendardo
Giornalista attenta ai fermenti quotidiani, raccontati con umanità. Convinta che scrivere sia un atto d’amore e responsabilità, ama divulgare il bello dell’Arte e del sociale, proponendo una narrazione alternativa sullo spaccato culturale.

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