Il fragoroso petardo usato a capodanno, ma anche una persona tozza e bassa o chi fa molto rumore ma con scarso effetto.
Il posto dove sono cresciuto ha tre le sue particolarità nel periodo estivo il fatto che quasi ogni sera, e sottolineo il quasi per questione di accuratezza e veridicità, c’è una festa da qualche parte nei dintorni o comunque un ristorante, un locale, una pizzeria, una casa privata, sente la necessità di esplodere dei fuochi d’artificio.
Nelle serate fresche delle giornate calde dove è facile immaginare ci siano ritrovi familiari, festeggiamenti di compleanni, cerimonie o anche semplici pizzate, si sta bene in casa con le finestre aperte eppure già durante la giornata ci sono le scaramucce di una cosa incredibile a dirsi nel resto d’Italia e che difficilmente ho trovato in altri posti.
Sono arrivato a contare fino a 10 “sparate”, cioè spettacoli pirotecnici che a volte sono veri e propri show di fuochi d’artificio, strutturate e che durano anche mezz’ora altre volte semplici “cassette”, vale a dire quelle scatole economiche che esplodono fuochi e luci con razzi fluorescenti e botti per 5 o 10 minuti. Raramente si esplodono botte singole, talvolta invece i botti veri e propri, fragorosi e netti, vengono esplosi in occasioni di uscite di sposi, omaggi a persone che sentono di voler festeggiare -che so, il compleanno o l’onomastico- in questa rumorosa maniera.
Tutto questo è impossibile da ignorare qualunque cosa un essere umano stia facendo. Dato che d’estate è naturale restare con le finestre aperte per facilitare il passaggio dell’aria, i fuochi sparati si sentono soprattutto al tramonto o verso la fine delle feste, delle cene, o ancora di più nei dintorni di mezzanotte, quando uno vorrebbe cominciare ad avviarsi alla pace ed alla quiete notturna.
E’ un dazio da pagare, è parte dello spettacolo, dell’esperienza. E’ pratica ormai ovvia di chi da queste parti per festeggiare ha bisogno di dare tutto e di più, profondersi al massimo e anche oltre, rischiando di farlo solo per forma, per ostentare, per dimostrare a chissà chi o cosa che c’è da celebrare, però rischiando anche di limitarsi solo a questo, cosa che in effetti spesso succede, come na bott’a muro.


