Pensioni: Quota 41, cos’è e quanto costa

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Su Quota 41 si riapre il dibattito. Il Carroccio ed i sindacati spingono per consentire dal 2023 il pensionamento al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione, al di là dell’età anagrafica. Questa opzione, al momento è prevista solo per alcune categorie di lavoratori, come i “precoci” e quelli impegnati nelle attività usuranti, condivisa tra l’altro dai sindacati con l’alternativa del pensionamento intorno ai 62 anni di età.

L’attuazione di questa misura però, andrebbe ad impattare con i conti pubblici, stando alle previsioni dell’Inps che ha conteggiato la spesa in oltre 4 miliardi di euro solo nel primo anno e più di 9 miliardi in un decennio. Al momento è prevista come unica via d’uscita anticipata, la contribuzione maturata che consente il pensionamento per quei lavoratori che hanno versato per 42 anni e 10 mesi e per le lavoratrici con non meno di 41 anni e 10 mesi di contributi.

Da qualche anno esistono alcuni casi dove la Quota 41 è già prevista, a beneficiarne i lavoratori in possesso, al 31 dicembre 1995, di una contribuzione dove possono far valere almeno 12 mesi di versamenti antecedenti al compimento del 19° anno di età (precoci) e che si trovano in una di queste condizioni: chi è disoccupato e non percepisce da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione; chi presta cure da non meno di sei mesi a un familiare entro il secondo grado, convivente con handicap grave; gli invalidi civili con oltre il 74% di invalidità; coloro che hanno svolto attività usurante o mansioni gravose per almeno sette anni negli ultimi dieci non meno di sei anni negli ultimi sette di attività lavorativa.

Da primo gennaio 2023 se non si interviene si ritornerebbe con la riforma Fornero.

Redazione
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