Recensione – ‘Francesca da Rimini’, dalla storia alla comicità la farsa esilarante diretta da Giulio Carfora

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La storia ispira e dà luogo alla satira. Lo sapevano bene Petito e i fratelli Giuffrè che per primi portarono la celebre storia di Francesca da Rimini a teatro, riducendola in farsa. L’attore Giulio Carfora l’ha riproposta in spettacolo con il suo storico ed affiatato gruppo teatrale, in scena per tre giorni al Teatro Burlesque di Caivano. In ultima replica questo pomeriggio, alle 18.30, ‘Francesca da Rimini’, tragedia a vapore tutta da ridere, aspetta il suo pubblico offrendo puro diletto con risate a crepapelle assicurate.

Dopo la 75esima replica, lo spettacolo riadattato dalla regia di Giulio Carfora, in collaborazione con i costumi di Tiziana Esca e l’aiuto regia di Francesca Pia Carfora, unisce una affiatata compagnia composta da Giuseppe Carfora, Ettore Cecere, Arturo Favella, Lia Mosca, Pippo Castiello, Laura De Luca, Martina Carfora, Francesca Cecere, Angelo Senese, Sara Giacco, Matteo Serao e Venere Altruda.

Tra battibecchi, costumi che affidano il femminile al maschile, la tragedia della Figlia di Guido da Polenta, contamina Ravenna con Napoli, narrando la guerra tra Gianciotto Malatesta e Paolo Da Polenta come uno scontro esilarante portato a teatro da una compagnia di ventura, chiamata a sostituire un gruppo di attori professionisti coinvolti in uno scandalo di tradimenti reciproci.

Il vernacolare e il faceto, affidano alla licenziosità colorita l’espressione di un suggeritore che cerca di accontentare con il capocomico, un pubblico indispettito dal rinvio della tragedia di Silvio Pellico. A teatro arrivano dunque degli amici che cercano di fare gli attori per soddisfare una francese elegante ma tediata, in atto di ribellione perchè vuol vedere a tutti i costi il racconto di Paolo e Francesca a teatro.

La celebre storia d’amore che menzionò anche Dante nel suo Inferno, collocando Francesca e il suo amante nel V canto tra i lussuriosi, fà si che la giovane donna ravennate si fosse innamorata di suo cognato Paolo, durante il matrimonio. Da qui la vendetta che portò Paolo a morire tra i trentasette e i trentanove, e Francesca a ventitré anni.

La storia viene narrata in una escalation iperbolica di battute incentrate sui fraintendimenti letti dal suggeritore che a Paolo, Francesca, al paggio per l’occasione gay, oltre che a Gianciotto e Guido, affida parole poco chiare, ma molto fraintendibili.

La sinergia scenica tra gli amici nella vita e sul palcoscenico, costituita da Giulio Carfora, Ettore Cecere, Arturo Favella, Peppe Carfora, crea la dinamica nella dinamica e incastra in un effetto matrioska ogni sipario scenico messo insieme in una rappresentazione privata della quarta parete. Affida agli attori la parte del pubblico pagante che interagisce con la compagnia teatrale fortuita, ergendosi a giudice che anima contemporaneamente la messa in scena in una Corrida televisiva in cui aspiranti artisti vogliono mettersi in mostra, mescolandosi a musicisti professionisti e pseudo-attori.

Il titolo Clarembeau dello spettacolo racchiude il delirio della farsa che assicura divertimento su un amore non corrisposto e mal finito, lasciando sorridere sulle disgrazie di Paolo e Francesca in modo aperto e prolungato.

Con la compagnia di Giulio Carfora l’incontro a teatro è piacevole. Il clima emotivo pieno di sintonia, facilita la comunicazione con il pubblico che esce dal teatro provando un benessere psicofisico dato dalla bravura di tre generazioni che si cimentano con la recitazione viva e pulita, sul palcoscenico. Le risate sono spontanee, così come l’ironia che a merito, tutta la compagnia mette in atto. Il teatro così concepito, crea apertura comunitaria, attivando la risata sociale che oggi rappresenta la medicina per rinfrancarsi dalle fatiche quotidiane.

Tutta la compagnia sa essere spalla e perno della Francesca da Rimini rivisitata da Carfora con ruoli smontati fino al paradosso, al solo scopo di rendere la tragedia, commedia esilarante.

Pina Stendardo
Pina Stendardo
Giornalista attenta ai fermenti quotidiani, raccontati con umanità. Convinta che scrivere sia un atto d’amore e responsabilità, ama divulgare il bello dell’Arte e del sociale, proponendo una narrazione alternativa sullo spaccato culturale.

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