Data rossa sul calendario ma non per tutti. Da qui parte l’osservazione sul diritto dei lavoratori a festeggiare il Primo Maggio. Non tutte le categorie riescono ad ottenere la possibilità di restare a casa rilassandosi in un giorno che a livello mondiale (ed anche su questo bisognerebbe soffermarsi), fu riconosciuto dalla Seconda internazionale di Parigi nel 1889.
La data ricorda la tragedia della rivolta di Haymarket, avvenuta a Chicago nel 1886. Proprio nei primi giorni i lavoratori iniziarono a scioperare e protestare per avere diritto alle 8 ore al giorno di lavoro, rispetto alle 12 o 16 a cui erano abituati. Si ispirarono a quanto avvenne nel 1855 in Australia, quando fu coniato lo slogan “Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”. Il 4 maggio del 1886 scoppiarono degli scontri che portarono alla morte di alcuni lavoratori, 4 civili e di 7 poliziotti a causa di una bomba lanciata da uno sconosciuto. A Parigi, il primo maggio del 1890, ci fu la prima manifestazione internazionale. L’adesione fu talmente ampia che si scelse di tramutare la data in festa nazionale in molti Paesi, eccetto che negli Stati Uniti, dove il Labor Day (Festa del lavoro) si festeggia il primo lunedì di settembre.
Dopo la sua introduzione nel nostro Paese avvenuta nel 1889, fu anticipata in periodo fascista al 21 aprile, tra il 1924 e il 1944, in coincidenza con il Natale di Roma. Dal 1947 è ritornata alla data ufficiale del primo maggio.
Dare dunque ai lavoratori l’occasione di viverla senza incrociare le braccia in atto di sciopero come molti dipendenti dei centri commerciali, ad esempio vorrebbero fare per giusta causa, significa riconoscere il diritto in sé, magari concedendo la possibilità al lavoratore di non essere un “animale da traino” sfruttato per l’occupazione di turno. Dare la libertà di scelta se aderire alla festività o meno, potrebbe risultare una occasione per fare associare al termine diritto l’idea di un lavoratore che viene accolto dal mondo occupazionale, tanto da riconoscerne meriti e sacrifici. Un lavoratore ben trattato rende meglio; diversamente se obbligato a prestazioni oltre il dovuto, come nella data del primo maggio, si vedrà costretto a lavorare senza poter scegliere se collaborare o meno, nutrendo un senso di frustrazione che è degenere, per l’occupazione e per il lavoratore. Il Primo maggio ricorda una conquista da cui non si può prescindere, né a cui bisogna riferirsi in termini utopici. Per questo va applicato, rispettato e vissuto da tutti indistintamente.