A 37 anni Amanda Knox torna in Italia dopo il delitto di Perugia e lo fa presentandosi mano nella mano insieme al marito. Alle 8.30 si è fatta largo tra i giornalisti per andare incontro alla battaglia giudiziaria della calunnia verso Patrik Lumumba.
Ad affiancarla ci sono i suoi avvocati, pronti a difendere l’assistita davanti ai giudici in Corte d’Assise d’appello nell’aula 32. Il 6 novembre 2006 Lumumba indicò Amanda come responsabile dell’assassinio di Meredith Kercher, dopo aver scontato ingiustamente una pena carceraria.
Il processo bis emetterà oggi la sentenza verso la donna proveniente da Seattle. La Corte di Cassazione ha annullato la precedente sentenza di condanna a 3 anni di reclusione. Amanda chiede ora di essere giudicata innocente. “Non avrei mai testimoniato contro Patrik – ribadisce – Non avevo interesse ad accusare un amico innocente”.
Descrive la notte del 5 novembre del 2007 come la “peggiore della sua vita”, perchè pochi giorni prima la sua amica Meredith era stata uccisa nella casa che condividevano insieme. La polizia l’avrebbe minacciata durante l’interrogatorio di allora, svolto in una lingua che non comprendeva, impaurendola con una eventuale condanna di 30 anni.
Amanda indicò Patrik come presunto assassino. Era il suo datore di lavoro. C’era stato uno scambio di messaggi tra l’uomo e la studentessa. “Ci vediamo più tardi”, si erano scritti e gli investigatori pensarono che i due dovessero vedersi sul luogo della tragedia, avvenuto in via della Pergola.
Lumumba fu detenuto per 14 giorni in carcere; poi fu prosciolto. Amanda ribadisce di aver fatto allora il nome di Patrik perchè messa sotto pressione dalla polizia.
Dopo la condanna a 3 anni per la donna, gli avvocati hanno impugnato la sentenza chiedendo un nuovo processo che oggi si sta svolgendo. La sentenza a suo carico è però stata confermata.