Quando si parla di televisione non si può prescindere dall’analisi della storia del costume e della società italiana, perchè i due fattori sono intimamente connessi.
La Rai – Radio Televisione Italiana compie 70 anni e si appresta a festeggiare l’evento con una mega serata condotta da Massimo Giletti su Rai 1 il 28 febbraio, alle 21.30.
Si celebra così il primo “servizio televisivo regolare” datato 3 gennaio 1954, con un piano sequenza di volti, racconti, sigle e programmi che hanno scritto pagine importanti della nostra tv.
Amadeus, Carlo Conti, Antonella Clerici, Fiorello, Paolo Bonolis, Alberto Angela, Giancarlo Magalli, Maria De Filippi, Noemi, Giorgia, Francesco Gabbani, Serena Rossi, Marisa Laurito, Claudia Gerini, Angelina Mango, Piero Chiambretti, Francesca Fagnani, Nina Soldano, Andy Luotto, Gaia, Vito Molinari, Colapesce e Di Martino saliranno sul palco per festeggiare l’anniversario sotto la guida di due artisti che hanno trainato la rete nel passaggio dagli anni ’70 all’evoluzione della comunicazione: Pippo Baudo e Renzo Arbore.
Il primo volto con cui pochi italiani iniziarono a familiarizzare svincolandosi dall’astrattezza della radio, fu quello di Fulvia Colombo, la prima e timida annunciatrice che presentò il primo programma della storia: Arrivi e partenze, condotto da Mike Bongiorno e Armando Pizzo alle 14.30. Una telecamera sul trespolo, un microfono a giraffa, una tenda sulla parete dietro le sue spalle, introducevano gli italiani nel mondo della tecnologia.
Improvvisamente non esisteva una diversificata geografia regionale, ma un unico Paese: l’Italia riunita dalla tv. I telespettatori tra una rete di curve e spirali, dopo aver visto un cielo di nuvole bianche, ascoltavano la sigla conclusiva delle trasmissioni: Armonie del pianeta Saturno, ed andavano a letto. Iniziò da qui il legame tra tv e musica, diventato poi folklore del Paese in bianco e nero. Pian piano arrivò così il Musichiere o a Lascia o raddoppia? Gli italiani, ancora non completamente alfabetizzati, attraverso questi programmi si avvicinavano all’intrattenimento senza impegno nel dopo lavoro, e alla conoscenza di piccoli dettagli, mediante le risposte dei concorrenti del primo quiz made Mike Buongiorno.
La televisione iniziava a stimolare la fantasia di un popolo di adulti e piccini, grazie agli sketch di Carosello, che coniugavano pubblicità e divertimento, sancendo il momento della buona notte per tutti i piccoli delle famiglie italiane.
La tv restava comunque un bene di lusso! Il prezzo di un televisore era di circa 450mila lire (corrispondenti quasi a 7mila euro), pari al costo di un’automobile, ed il segnale televisivo non copriva tutto lo stivale. Solo due anni dopo, il 31 dicembre 1956 si estenderà all’ intero territorio nazionale.
In un Paese in cui ci si apprestava al boom economico dopo la seconda Grande Guerra, scoprendo la nuova dimensione degli elettrodomestici, le donne italiane compivano un passo verso la “Luna”, imparando a gestire casa con meno fatica, ed inserendo la tv tra i beni che avrebbero facilitato e cambiato la loro vita.
Il potere educativo della tv si manifestò grazie a due luminari: il maestro Manzi con ‘Non è mai troppo tardi’, che insegnò agli italiani a scrivere e a leggere, ed Ugo Zatterin che iniziò a condurre le prime tribune elettorali. Arrivò poi Quark, che diede il via all’approfondimento. La televisione aveva scopo culturale ed ognuno cercava di comperarne una facendo installare le antenne Rai sulle proprie dimore, stanco di dover andare al bar o a casa dei più abbienti per guardare un programma.
A tal proposito possiamo asserire che la tv diede la consapevolezza del valore di comunità, allorchè indusse gli italiani a fare “comune” intorno al mezzo televisivo, raccontandosi, scambiando battute sui programmi, ed ampliando i propri orizzonti.
Nel 1987 Renzo Arbore ci traghettò verso la satira con Indietro tutta, scimmiottando i più celebri quiz. La tv si avviava alla commercializzazione e gli italiani iniziarono a comprendere che qualcosa intorno a loro stava cambiando. Il telecomando diventava strumento di scelta non solo di un programma, ma anche di un argomento a cui il telespettatore intendeva avvicinarsi. Si stava presentando ai nostri occhi un nuovo paradigma televisivo, in cui sarebbe stata contemplata anche la concorrenza della Fininvest. Il colore lasciò il posto al bianco e nero e l’italiano medio, ora più acculturato, sapeva che la tv gli era amica, e poteva guardarla come e dove avrebbe desiderato, in una democrazia piena e realizzata.