I dati sull’occupazione femminile in Italia non sono per nulla rassicuranti. Solo una donna su due lavora, posizionando il nostro Paese all’ultimo posto in Europa per occupazione femminile, con quasi 15 punti percentuali in meno rispetto alla media dell’Unione europea.
In Italia le donne occupate sono circa 9,5 milioni, mentre gli uomini che lavorano sono circa 13 milioni. A questo si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità testimoniando la difficoltà di riuscire a conciliare maternità e vita lavorativa.
A rendere ancora più amaro il quadro è il divario salariale di genere, il gender pay gap nel nostro Paese, secondo il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum ha raggiunto i 7.922 euro annui.
La parità di stipendio tra uomo e donna ad oggi sembra ancora lontana e, secondo le stime non verrà raggiunta prima del 2154.
Ci vorranno, dunque circa 130 anni, ben cinque generazioni da oggi per raggiungere l’equità salariale. Un dato sconfortante che evidenzia la lentezza con cui si procede verso la reale parità di genere nel mondo del lavoro.
Le cause del divario occupazionale e salariale tra uomo e donna sono molteplici e complesse. Tra le più evidenti gli stereotipi di genere che spingono a considerare le donne le prime responsabili della cura della famiglia e dei figli, con ricadute negative sulla loro carriera lavorativa, il fatto che le donne tendono a concentrarsi in settori lavorativi con retribuzioni più basse e spesso part-time, e il minore accesso a posizioni di leadership.
Per colmare il divario di genere nel mondo del lavoro resta, ad oggi, necessario un impegno su più fronti che, in primis, necessità di un radicale cambiamento culturale che vada a contrastare gli stereotipi di genere. Fondamentali anche le politiche di conciliazione che vadano a favorire il bilanciamento tra vita lavorativa e privata.