È stata condannata a 5 anni e 4 mesi di reclusione la donna di Torino che aveva ridotto in fin di vita il figlio di vent’anni costringendolo a mangiare tra i rifiuti dei vicini.
Il giovane, nonostante l’età, pesava solo 30 chili ed era coperto di lividi. Secondo il capo di imputazione il giovane sarebbe stato costretto “a una serie di condotte violente”, a “costrizioni al letto con cinghie, sopraffazioni, privazioni materiali di cibo”, “facendolo vivere in condizioni igieniche pessime”.
Il ragazzo, affetto da ritardo mentale, era arrivato in ospedale in una situazione drammatica ma, dopo due mesi di ricovero e il trasferimento in una struttura adeguata, gli hanno permesso di salvarsi.
Secondo il procuratore aggiunto Cesare Parodi, che ha curato il caso e che da anni si occupa di tutela delle fasce deboli, ha affermato: “un quadro drammatico: sarebbe stata questione di ore, non di giorni, e questo ragazzino sarebbe morto. Era ridotto così pelle e ossa che io ho visto immagini del genere solo nei campi di concentramento”.
La donna, madre di altre due figlie, si è difesa dicendo che, essendo lei impegnata a lavoro era il compagno, a doversi occupare del ragazzo.
Il tribunale li ha condannati entrambi, per maltrattamenti e lesioni, ha sospeso la potestà genitoriale per la madre e ha disposto una provvisionale di 25 mila euro per il ragazzo.