E’ il mestiere più antico del mondo e risale al 550 A.C.. L’artigianato, fonte di reddito e progresso comunitario, è fortemente in crisi.
Se nell’antichità la specializzazione nella lavorazione dei manufatti aveva favorito intorno ad essa la nascita di caste a conoscenza di segreti professionali, i tempi moderni vedono invece diminuire il numero degli artigiani presenti in Italia, considerati “lavoratori di seconda categoria”.
Si conta che dal 2012 siano scesi di quasi 325 mila unità (-17,4%), pur essendo aumentata la richiesta di professionalità specializzate in vari settori.
Lo confermano i dati Inps 2022, secondo cui si contavano 1.542.2991 artigiani. La realtà è che i giovani non sono attratti dai mestieri artigianali; non hanno requisiti adatti per la prosecuzione di antiche arti e soprattutto non sono a conoscenza del grande potenziale economico che alcuni lavori posseggono.
D’altro canto è pur vero che ci sono molti artigiani che nonostante abbiano esercitato la professione per tanti anni, non hanno ancora maturato i requisiti per andare in pensione.
Risultato? I giovani preferiscono il lavoro dipendente perchè lo reputano più sicuro. Quanto alle botteghe artigianali, sono piccole lanterne cittadine a conduzione ereditaria e dunque familiare.
Perfino il paesaggio urbano risente di questo cambiamento. Se turisticamente i piccoli borghi hanno attrattive con le loro botteghe artigianali, bisogna aspettarsi che questo fascino possa pian piano scomparire.
Ebbene, acconciatori, estetisti, tatuatori; sistemisti, addetti al web marketing, video maker e esperti in social media, sono considerate categorie professionali del futuro che vanno a sostituirsi all’ artigianato storico.
L’insufficiente ricambio generazionale, la feroce concorrenza, il caro affitti e naturalmente le tasse nazionali/locali, stanno contribuendo a dare la grande stangata all’artigianato tradizionale. Anche i consumatori hanno subito un loro cambiamento: vivono della cultura usa e getta e dell’acquisto compulsivo e seriale.
Cosa avverrà dunque in futuro? Mancano già autisti, autoriparatori, sarti, pasticceri, fornai, idraulici, g elettricisti, manutentori delle caldaie, tornitori, fresatori, verniciatori e i batti-lamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri.
La tecnologia abbatte i “vecchi mestieri”, ma affinchè l’economia italiana sopravviva in tradizioni e floridità, c’è bisogno di una rieducazione all’artigianalità, alla garanzia del lavoro esclusivo per pregio da esportare.
Nell’ultimo decennio, secondo uno studio, Vercelli e Teramo con il -27,2%, hanno registrato la variazione negativa più elevata d’Italia. Seguono Lucca con il -27%, Rovigo con il – 26,3% e Massa-Carrara con il -25,3%. Resistono bene invece Trieste con il -3,2, Napoli con il -2,7 e, infine, Bolzano con il -2,3%.