Cresce la pressione internazionale su Israele affinché rinunci a lanciare una massiccia operazione militare a Rafah, città nel sud della Striscia dove, secondo l’Onu, è concentrata più della metà della popolazione di Gaza.
Rafah, infatti, è diventato un vero e proprio campo profughi a cielo aperto dopo l’esodo della popolazione palestinese dal nord della Striscia ed è il principale punto di ingresso per gli aiuti umanitari.
L’invito a Benjamin Netanyahu di desistere nel suo piano di attacco arriva, oltre che dal Regno Unito, anche del capo della diplomazia europea, Josep Borrell e il presidente Usa Joe Biden dove, durante un incontro alla Casa Bianca con il re di Giordania, Abdullah II, ha affermato che l’attacco a Rafah, senza un piano credibile a difesa dei civili, sarebbe inaccettabile.
Esortazioni a desistere anche da parte delle Cina che ha esortato Israele a fermare l’operazione militare a Rafah “il più presto possibile” e ha avvertito che c’è il rischio di un “grave disastro umanitario” se i combattimenti non si fermeranno.
Al momento, però, il primo ministro israeliano Netanyahu resta fermo sulla sua idea rassicurando che Israele aprirà “un passaggio sicuro” affinché la popolazione possa lasciare Rafah.