Par condicio e governo, cappio al collo alla libertà di informazione

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Par condicio secondo la Commissione di vigilanza Rai. Regole poco chiare con una sola certezza per il governo Meloni: bisogna dargli spazio nella tv di Stato, senza vincoli. Se il governo chiama, l’informazione deve piegarsi ad esso.

Non ci sta il mondo del giornalismo che sceglie di non essere “megafono della maggioranza”, dichiarandolo apertamente in tutti i tg targati Rai. L’Agcom sconfessa a sua volta la Vigilanza, mentre i provvedimenti repressivi alla libertà di espressione non tardano a palesarsi nella scelta del palinsesto di mamma Rai.

Ecco che la prima ad essere stata fatta fuori è la comica e conduttrice Geppi Cucciari, che secondo indiscrezioni avrebbe dovuto affiancare Carlo Conti nella serata dei David di Donatello. Reputata troppo ‘eversiva’ è stata censurata prima che si mettesse al lavoro. Così si dà il cappio al collo alla libertà di espressione, che per la Rai di destra deve fondarsi sulla repressione.

Al che viene naturale porsi una domanda. Che differenza c’è tra il nostro Stato e le attuali intimidazioni rivolte ai giornalisti pro Palestina dall’altro capo del mondo? Pochi giorni fa la giornalista Almudena Ariza è stata fermata e molestata, con tanto di intimidazioni, mentre raccontava dal fronte di guerra cosa stesse accadendo ai palestinesi. Il suo lavoro per l’emittente RTVE è stato impedito. Siamo dunque al pari di atteggiamenti totalitari che escludono la libertà di espressione sulla quale si fondano tutte le Costituzioni democratiche?

Addirittura si è parlato di introdurre la sanzione carceraria fino a 4 anni per i giornalisti, in caso di diffamazione della politica. Il disegno di legge all’esame della Commissione Giustizia del Senato mirava ad eliminare la penalità, ma Fratelli d’Italia anche qui ci ha messo lo zampino restrittivo chiedendo l’inasprimento pene per i professionisti dell’informazione.

Il Ddl Diffamazione, oltre al carcere prevede anche una multa fino a 120mila euro per “condotte reiterate e coordinate” di diffusione di notizie false, oltre all’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da tre mesi a tre anni.

Inevitabili le polemiche in un contesto paradossale in cui il mondo del giornalismo diventa un Atlante costretto a tenere sulle spalle l’intero globo terrestre per volere di un governo che si erge a Zeus, decidendo di punire perché nella Titanomachia tra potere e diritto alla libertà di pensiero e parole, sceglie di non allearsi contro la logica del più forte.

Nonostante l’opposizione di Partito Democratico e Movimento 5 Stelle che hanno definito i provvedimenti “un retaggio barbaro”, Fratelli d’Italia sembra non voler scendere a patti nel proteggere e garantire i pilastri su cui si fonda il lavoro dei cronisti e dei redattori, che già senza troppe tutele, non potrebbero così più condurre inchieste diventando lumen gentium, garantendo con coraggio la cultura della trasparenza nella società.

Anche Ilaria Cucchi, senatrice di Avs, ha definito le attuali misure “vera e propria forma di intimidazione inaccettabile contro i giornalisti, e un modo per silenziare gli organi di informazione”.

Niente vincoli di tempo, nè contraddittorio, sono i cardini su cui il governo sta mettendo alle strette il mondo della comunicazione, intendendo ergersi su di esso come macrostruttura soverchiante, e non di tutela. Di questo passo, verrebbe da rivalutare il concetto democratico sensu strictu, su cui alcune frange politiche conducono le proprie argomentazioni in maniera meramente retorica.

Pina Stendardo
Pina Stendardo
Giornalista attenta ai fermenti quotidiani, raccontati con umanità. Convinta che scrivere sia un atto d’amore e responsabilità, ama divulgare il bello dell’Arte e del sociale, proponendo una narrazione alternativa sullo spaccato culturale.

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