Viaggia la riforma costituzionale sull’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il Senato dice sì alla prima tappa del percorso per il via libera al premierato.
La riforma punta al suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni di carica del premier eletto dal popolo nella Camera in cui si sarà candidato, con possibilità di riconferma in carica solo per un secondo mandato (elevata a tre qualora abbia ricoperto l’incarico, nelle prime due, per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi). Il premier dovrà poi attendere l’incarico del Presidente della Repubblica per formare il governo.
Prevista anche la revoca della fiducia dal suo incarico, con mozione motivata e obbligo del presidente del Consiglio eletto a rassegnare le dimissioni così da far sciogliere le Camere al Presidente della Repubblica.
Negli altri casi di dimissioni, il presidente del Consiglio eletto, entro sette giorni e previa informativa parlamentare, potrà chiedere lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo disporrà conseguentemente.
La riforma prevede anche l’elezione in contemporanea delle due Camere, l’abolizione dei senatori a vita (lasciando in carica, con disposizione transitoria, quelli nominati prima dell’entrata in vigore della legge), la costituzionalizzazione del premio di maggioranza, la modifica del ‘semestre bianco’.
In riferimento all’elezione del Capo dello Stato invece, quest’ultima avverrà a maggioranza assoluta, dopo il sesto scrutinio, e non più dopo il terzo. Si dispone altresì, la controfirma dei ministri anche agli atti del Presidente della Repubblica. Non necessitano invece di questa disposizione, la nomina del presidente del Consiglio dei ministri, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle Camere e il rinvio delle leggi.