Sono trascorsi 46 anni da quel tragico 9 maggio 1978 quando il corpo di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, veniva ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, a Roma.
Era il 16 marzo 1978 quando Aldo Moro veniva rapito da un commando di Brigate Rosse durante un agguato in via Fani a Roma. Nello stesso attacco morirono cinque agenti della Polizia di Stato. Moro fu tenuto prigioniero in un covo segreto, denominato “prigione del popolo” per 55 giorni, durante i quali scrisse diverse lettere ai politici italiani, nelle quali esprimeva le sue riflessioni sulla situazione politica del Paese e chiedeva una negoziazione per il suo rilascio.
Le sue suppliche, però, caddero nel vuoto conferendo alla vicenda, che aveva tenuto l’Italia col fiato sospeso per quasi due mesi, un epilogo drammatico.
Le trattative tra le Brigate Rosse e le autorità, infatti, non ebbero successo e il 9 maggio 1978 i brigatisti comunicarono l’esecuzione di Moro. Il suo corpo fu ritrovato poche ore dopo in via Caetani, a metà strada tra le sedi dei partiti DC e PCI.
La figura di Aldo Moro, e il suo tragico destino che scosse l’Italia intera, continuano a rappresentare un monito per le future generazioni. La sua vicenda ci ricorda l’importanza della democrazia, del dialogo e del confronto come strumenti per risolvere le contraddizioni e costruire una società più giusta e pacifica.
Aldo Moro rimane una figura centrale della storia politica italiana. Il suo impegno per la democrazia, il suo senso dello Stato e la sua visione di un’Italia più unita e solidale rappresentano un’eredità preziosa per il Paese.