Tra i detrattori del premierato tanto auspicato dalla premier Giorgia Meloni compare in aula la senatrice Liliana Segre che boccia letteralmente la riforma costituzionale.
La sua è una vera e propria denuncia che sottolinea l’aspetto allarmante del futuro della politica italiana. Il premierato sovvertirebbe completamente il peso politico del Capo dello Stato, privandolo letteralmente di voce in capitolo e di prerogative fondamentali in merito all’investitura.
Lo stravolgimento profondo causerebbe danni imponenti all’interno della politica in cui partito o coalizione vincente conquisterebbe, in una sorta di scacco matto, presidente del consiglio, governi, maggioranza assoluta di senatori e deputati, presidente della Repubblica e controllo della corte costituzionale con tutti gli altri organismi di garanzia. Ciò creerebbe una visione ed una voce univoca dello Stato italiano, senza permettere a quest’ultimo di fondarsi su un controbilanciamento equo nel dare risposta di rappresentanza a tutte le ideologie del popolo italiano.
Un’elezione diretta infatti si rende auspicabile per i sistemi politici come quello britannico in cui figurano esclusivamente due partiti; diverso è invece il discorso italiano. Con la legittimazione del premierato si ridiscuterebbe il concetto di democrazia italiana, riducendo i poteri di mediazione della presidenza della Repubblica, soprattutto nella fase di formazione del governo. Anche Liliana Segre teme che il capo dello Stato possa essere solo uno spettatore dell’esecutivo italiano.
Altro discorso è il concetto di proporzionalità elettorale che verrebbe risucchiato da un’idea maggioritaria della legge elettorale, delegittimando il pluralismo politico dei cittadini italiani.