Lo hanno linciato in nome della religione, fino ad arderlo vivo per blasfemia. In Pakistan un uomo diventa simbolo degli attacchi sistematici che restano impuniti dalla comunità internazionale. Nella notte del 20 giugno a Swat, dove si trovava in vacanza, Mohammad Ismail è stato attaccato e arso vivo. L’accusa rivoltagli è quella di aver bruciato delle pagine del Corano. La notizia, solo adesso divulgata, fa il giro del mondo e diventa emblematica.
Continuano infatti le vittime del fanatismo religioso. Mashal Khan, Shama e Shahzad, Priyantha Kumara, Nazir Masih e Mohammad Ismail, e in queste ore anche Allah Rakhi, moglie del 72enne cristiano Nazir Masih ucciso, sono l’esempio delle accuse false che una norma del 1987 consente di attuare verso le minoranze religiose.
Muhammad aveva infatti bruciato alcuni giornali in lingua araba, per poi essere arrestato dalla polizia e preso d’assalto dalla folla inferocita, nella caserma di Swat. La gente chiedeva agli agenti di consegnare l’uomo per giustiziarlo. Questi ultimi si sono opposti, e la folla ha prima danneggiato la struttura, fino a prelevare l’uomo per poi arderlo vivo in modo barbaro. Il tutto mentre venivano pronunciati slogan estremisti islamici.
Un episodio simile è avvenuto anche nel distretto di Sialkot, dove un piccolo imprenditore cristiano, Waseem Masih, aveva avviato una attività commerciale con un imam della moschea del posto, investendo 15mila rupie di anticipo, consegnate al religioso islamico che se ne è impossessato fino ad accusare Waseem di blasfemia solo perchè aveva richiesto indietro i suoi soldi. A questo punto gli abitanti del villaggio hanno cercato di catturarlo per giustiziarlo, ma l’uomo è riuscito a fuggire.