Il Daghestan, regione russa a maggioranza musulmana confinante con la Cecina, continua ad essere nel mirino del terrorismo. Già ad ottobre, infatti, è stata teatro di violenti disordini antisemiti.
L’ultimo attentato simultaneo nella giornata di ieri, in Makhachakala, capitale della repubblica, dove uomini armati hanno dato alle fiamme due sinagoghe e due chiese ortodosse. Sono più di 15 gli agenti di polizia russi uccisi negli attacchi. A perdere la vita anche 4 civili tra cui padre Nokolaj che, da quarant’anni, prestava servizio nella chiesa ortodossa di Derbent.
Simultaneamente, altri uomini armati, hanno aperto il fuoco contro un veicolo che trasportava agenti di polizia ferendone uno.
Il Comitato antiterrorismo russo ha comunicato la fine della fase attiva antiterrorismo a Derbant conclusasi con l’uccisione di due attentatori e l’eliminazione di quattro aggressori a Makhachkala.
Sergei Melikov, leader del Daghestan, ha definito gli attacchi un “tentativo di destabilizzare la società”. Ad esprimersi sull’accaduto anche il patriarca della Chiesta Ortodossa Kirill, convinto sostenitore del Cremlino, secondo cui il “nemico” cerca di distruggere la “pace interreligiosa” in Russia piantando “i semi dell’odio”.
Per Dmitry Medvedev il massacro in Daghestan è stato “un vile attacco terroristico” come quello a Sebastopoli.
“Tutto ciò che è accaduto in Crimea non è stata un’azione militare, ma un vile e atroce attacco terroristico contro il nostro popolo, commesso in una festività ortodossa, come il massacro in Daghestan, compiuto da estremisti. Per noi non c’è differenza tra il regime di Bandera (leader ultranazionalista ucraino durante la Seconda Guerra Mondiale, ndr) e i pazzi fanatici”, ha scritto su Telegram, Medvedev.