Troppe ombre sulla famiglia Navalny. Il tribunale di Mosca emette un mandato di arresto per Julia Navalnaya, vedova di Alexei, dissidente morto lo scorso 16 febbraio in una prigione siberiana.
Anche per lei le accuse sono di far parte di un gruppo estremista. Gli investigatori hanno indotto il giudice alla misura preventiva di carcerazione per due mesi. Julia infatti non si è mai arresa; ha denunciato i soprusi russi nei confronti del marito attribuendo loro la colpa del decesso di quest’ultimo, ed ha giurato di continuare la sua opera.
Detto, fatto! Dopo la notizia del mandato di arresto a suo carico, la donna non ha esitato nuovamente a bollare Vladimir Putin come ‘assassino e criminali di guerra’ che manda la gente in prigione quando in realtà dovrebbe andarci lui. La consorte del leader dissidente russo, già in esilio, su X non ha avuto peli sulla lingua, scrivendo a chiare lettere di non avere timore di affrontare il leader russo.
Al Cremlino che aveva parlato di una morte improvvisa di Alexei, e che aveva rimosso gli omaggi floreali rivolti all’uomo dopo il suo decesso davanti al quartier generale dell’intellegence, non è andato giù il prosieguo della campagna per la lotta democratica, portata avanti dalla famiglia Navalny.
L’Onu aveva chiesto un’indagine credibile sul caso; Londra a sua volta aveva convocato l’incaricato di affari russo, mentre l’ambasciatore russo di Mosca chiedeva che ogni paese si concentrasse sui propri problemi, invece di occuparsi del caso Navalny.
Alexei stava portando avanti la sua lotta contro la corruzione e l’aveva fatto anche in carcere, incurante delle persecuzioni che avrebbe potuto subire per il suo dissenso. Il mondo si era mobilitato per il suo caso; addirittura le piazze dell’Occidente si erano riempite di centinaia di persone. In Russia molti sono stati però arrestati. Sul caso è intervenuta ad aprile anche l’intelligence statunitense, che sull’uccisione dell’uomo ha deresponsabilizzato Putin. Qualora fosse stata ordinata l’uccisione di Navalny, non sarebbe stato lui a darne mandato.
Certo è che Alexei era diventato il nemico numero uno del Cremlino, soprattutto ad un mese dalle elezioni presidenziali russe, quando Navalny, pur essendo in prigione, ha guadagnato il centro della scena con la sua posizione in ambito internazionale. Gli era stata attribuita un’accusa per frode e di estremismo. Il 47enne blogger e attivista russo, apparentemente sarebbe morto per un malore dopo una passeggiata; questo quanto comunicato dalla struttura medica poco dopo la sua morte. Dietro il resoconto del Cremlino per “cause di morte non note”, si è aperta poi una vera e propria voragine, che ha portato tutti a puntare apertamente il dito contro Putin.
Navalny era tornato volontariamente in Russia nel 2021 dalla Germania, dopo un tentativo di avvelenamento con un agente nervino. Su di lui si erano accesi i riflettori, perchè apertamente attribuiva colpe al regime russo, testimone ora passato alla moglie, per la quale si teme possa essere tracciata la stessa sorte del marito.